Laboratorio di Oncologia
ORARIO: LUN-VEN 8:00-18:00
Nel nostro centro, per identificare le specifiche caratteristiche genetico-molecolari alla base del cancro, per lo screening, la diagnosi, la prognosi e le decisioni terapeutiche è possibile avvalersi dei test genetici molecolari, che rilevano mutazioni ereditarie, acquisite e le alterazioni citogenetiche che costituiscono marcatori specifici di patologia.
La scoperta delle sindromi ereditarie di cancro, i tumori ereditari, è avvenuta grazie allo studio e alla ricerca di specifiche mutazioni in famiglie con maggiore ricorrenza di un determinato tipo di neoplasia, determinando lo sviluppo di test genetici specifici. La genetica ha offerto approcci innovativi per comprendere sia il rischio che ha ciascun individuo di sviluppare un determinato carcinoma, sia le caratteristiche specifiche della malattia. È necessario precisare il fatto che questo tipo di mutazione non determina di per sé il tumore, ma una suscettibilità specifica; pertanto i fattori ambientali svolgono in questi casi un ruolo centrale.
Le prospettive di guarigione miglioreranno ulteriormente, soprattutto grazie alle nuove terapie ‘a bersaglio’, basate sull’uso di molecole che, a differenza della chemioterapia, intervengono selettivamente sulle cellule tumorali e sui meccanismi che ne favoriscono lo sviluppo. Grazie agli studi di genetica ed alle tecniche di biologia molecolare di ultima generazione, si potranno conoscere sempre più a fondo i processi biologici con cui agisce il tumore e quali effetti possono avere questi nuovi farmaci su di esso. In questo modo l’approccio terapeutico non sarà più determinato soltanto dalla localizzazione della patologia, ma dalle sue caratteristiche biologiche. Questo consentirà di costruire cure sempre più su misura del paziente: la medicina personalizzata.
Trattamento personalizzato – Anticorpi ed inibitori
Trattamento personalizzato – Immunoterapia
Pannello tolleranza chemioterapici
Diagnosi Precoci
Carcinoma Cervice: Combo test plus
Il carcinoma della cervice può essere causato da alcuni genotipi del papilloma virus umano (HPV) che se presente nella cavità vaginale l’HPV può infettare l’epitelio cervicale, penetrare nelle cellule e integrarsi nel DNA umano.
Il combo test plus racchiude in sé un insieme di più esami:
1. Pap-test in fase liquida
Il test Hologic ThinPrep® è un test citologico in fase liquida, rappresenta un’innovazione del vecchio pap-test tradizionale. Una volta eseguito il prelievo, la spatola si risciacqua in una fiala contenente un liquido che conserva le cellule. In questo modo quasi tutte le cellule vengono conservate e in più non subiscono il “trauma” di essere strisciate. il ThinPrep Pap-Test è stato approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) americana come “significativamente più efficace nell’individuare le cellule precancerose della cervice”.
2. Test HPV RNA
Hologic Aptima® non solo rileva la presenza di 14 genotipi ad alto rischio di papilloma virus (HPV) ma soprattutto l’integrazione del DNA virale in quello umano e, quindi, la produzione delle proteine virali che possono avviare la progressione del cancro. Inoltre Aptima HPV individua la regione target altamente conservata E6/E7 che non va incontro a delezione durante l‘integrazione.
In questo modo non si hanno:
• falsi negativi causati da delezione della regione L1;
• falsi positivi che possono essere causati dal rilevamento del solo DNA del virus, sapendo che il 90% delle infezioni da DNA regredisce.
I risultati falsi positivi comportano colposcopie non necessarie, aumento dei costi e stress per le pazienti ed i loro partner.
3. FISH test
Nel caso venga rilevata una L-SIL (lesione intraepiteliale squamosa di basso grado), con o senza la presenza di HPV RNA, si utilizza la FISH delle cellule cervicali come reflex test, che viene effettuata gratuitamente e senza ripetere la raccolta delle cellule.
La FISH (Ibridazione Fluorescente in situ) è una metodica di biologia molecolare ben consolidata, permette di rilevare l’amplificazione del gene della telomerasi (3q26) e l’eventuale aumento di numero dei cromosomi direttamente nelle cellule. Quando questo avviene la cellula diventa maligna. Pertanto, mediante FISH è possibile identificare le cellule tumorali con certezza, nonostante il loro aspetto morfologico sia soltanto atipico.
Il Combo Test-Plus consente di anticipare la diagnosi, riducendo invasività, costi, tempi di risposta e rappresenta quindi il metodo di screening più avanzato per il cancro del collo dell’utero.
Carcinoma Vescica: Fish Uroteliale
Il carcinoma della vescica è il settimo cancro più comune negli uomini di tutto il mondo e circa il 70% dei tumori della vescica di nuova diagnosi sono tumori non muscolo-invasivi. Purtroppo, fino al 70% dei pazienti con una storia di carcinoma non muscolo-invasivo della vescica avrà una recidiva dopo il trattamento iniziale e circa il 10-30% di questi tumori progredirà in malattia invasiva muscolare, che aumenta significativamente il rischio di mortalità.
Tradizionalmente, la citologia urinaria e la cistoscopia sono considerati il gold standard per la diagnosi e la sorveglianza del carcinoma uroteliale, tuttavia entrambi hanno limitazioni. La bassa sensibilità (20-60%) della citologia urinaria per rilevare tumori di grado basso e l’invasività della cistoscopia hanno aumentato la domanda di test più sensibili e non invasivi. Questo ha portato allo sviluppo di un’ibridazione in situ fluorescente specifica (FISH) che ha una maggiore sensibilità (73- 92%) e specificità (89-96%) per la rilevazione del carcinoma uroteliale. Questo test molecolare impiega sonde di DNA per identificare le cellule tumorali individuando le anomalie cromosomiche più comuni correlate al tumore della vescica, quali l’aneuploidia per i cromosomi 3, 7, 17, e la perdita del 9p21 locus in cellule uroteliali maligne che cadono dal rivestimento della vescica nelle urine.
La FDA ha approvato inizialmente questo test come uno strumento di monitoraggio per i pazienti con una storia di carcinoma uroteliale. Ma ben presto l’utilizzo di questo test è stato esteso anche allo screening dei pazienti con fattori di rischio per il tumore vescicale, ad esempio l’ematuria.Può essere utilizzato anche su tessuto incluso in paraffina (FFPE).
Benjamin et al. (2009) hanno dimostrato che la percentuale di cellule anomale rilevate dalla FISH in campioni di urina è associata alla recidiva del cancro alla vescica e alla progressione del cancro verso l’invasività muscolare.
Caratteristiche del campione da inviare:
• Raccolta di tre campioni di urine in tre giorni consecutivi.
Il test viene effettuato con Fish in 10 giorni lavorativi dal ricevimento del campione.
Valutazione rischio familiare
BRCA1 e BRCA2 germinali
Il 5-7% circa dei tumori della mammella è considerato “ereditario”: attualmente sono stati identificati due geni BRCA1 e BRCA2 responsabili dell’80-90% delle neoplasie geneticamente determinate, codificando proteine nucleari implicate nei meccanismi biochimici che controllano l’integrità del genoma. ll test aiuta a individuare la presenza di mutazioni e/o ampi riarrangiamenti correlati con un rischio significativamente più alto di sviluppare tumori soprattutto alla mammella e all’ovaio nella donna e in altre sedi, es. prostata e pancreas, nell’uomo. In tal modo si ottiene una stima più precisa del rischio di sviluppare un cancro ereditario rispetto alla sola anamnesi personale e familiare.
Metodica utilizzata
Estrazione automatizzata di DNA da sangue periferico, amplificazione mediante PCR multiplex e sequenziamento massivo parallelo (NGS) di tutti gli esoni codificanti, delle regioni introniche fiancheggianti e dei grandi riarrangiamenti attraverso Illumina MiSeq. Sensibilità e specificità >99%.
Caratteristiche del campione da inviare
Due provette con EDTA di sangue periferico.
Test molecolare gene PALB2
PALB2 (Partner And Localizer Of BRCA2) codifica per una proteina che può funzionare con meccanismo onco-soppressore. Questa proteina si lega e colocalizza con BRCA2 nei foci nucleari e probabilmente consente la stabile localizzazione intranucleare e l’accumulo di BRCA2.
Antoniou et al. (2014) hanno analizzato il rischio di cancro della mammella tra 362 membri di 154 famiglie che avevano mutazioni danneggiate, splice o delezioni deleterie in PALB2. Essi hanno stimato il rischio cumulativo di cancro al seno nelle donne mutate pari al 14% a 50 anni e del 35% a 70 anni, ma può arrivare fino al 58% se almeno due famigliari di primo grado sono affetti dal tumore.
Il ruolo di PALB2 correlato ad un aumento del rischio per il cancro ovarico non è ancora stato chiarito. Per quelle donne (o uomini) che non hanno trovato mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2, è consigliabile estendere l’analisi genetica al gene PALB2. Soprattutto nelle famiglie dove ci sono molti casi di cancro al seno e di cancro al pancreas.
In donne positive per mutazioni PALB2 si consiglia la sorveglianza intensiva o la chirurgia preventiva. Jones et al. (2009) hanno concluso che PALB2 sembra essere il secondo gene più comunemente mutato per il cancro pancreatico ereditario dopo BRCA2, il cui prodotto proteico è un partner di legame per la proteina PALB2.
Se si ereditano due geni PALB2 anormali si ha l’anemia Fanconi tipo N, che sopprime la funzione del midollo osseo e porta a livelli estremamente bassi di globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. Le persone con anemia di Fanconi hanno anche un rischio maggiore di altri tipi di cancro, tra cui il cancro ai reni e il cancro al cervello.
Il test viene effettuato su piattaforma NGS in 10 giorni lavorativi a partire da un prelievo di sangue (2 provette in EDTA).
Test per la sindrome di Lynch
La Sindrome di Lynch o hereditary non-polyposis colorectal cancer (HNPCC), è una malattia genetica a trasmissione ereditaria, correlata a mutazioni del complesso “DNA mismatch repair”, ovvero di geni deputati alla riparazione del DNA, caratterizzata dalla predisposizione a sviluppare in età precoce neoplasie del colon retto (Sindrome di Lynch I) e/o di altre sedi anatomiche, in particolare del tratto gastroenterico e degli apparati urinario e riproduttore (Sindrome di Lynch II).
Nei soggetti portatori delle mutazioni genetiche il rischio stimato è del 70-80% circa per le neoplasie del colon retto, contro il 5% della popolazione generale; del 37% per i tumori extracolici, contro il 2% della popolazione generale; del 30-40% per il tumore all’utero. In generale, il rischio di sviluppare un tumore maligno varia a seconda della mutazione presente, e di altri fattori, quali il sesso e l’età del soggetto: è infatti maggiore per gli uomini, ed aumenta sopra i 40 anni. La Sindrome di Lynch si trasmette come carattere ereditario autosomico dominante. La penetranza della malattia tuttavia è incompleta: ciò significa che non tutti gli individui portatori di una mutazione del MMR svilupperanno obbligatoriamente la neoplasia. Sono descritti casi sporadici nei quali la mutazione si verifica ex novo, ovvero non è presente nei genitori, e viene riscontrata per la prima volta nel soggetto affetto. Una volta determinata la mutazione genica responsabile della malattia in un soggetto affetto, è possibile sottoporre a test genetico anche gli altri membri della famiglia a rischio di sviluppare la stessa malattia.
Con un prelievo di sangue, grazie all’utilizzo della tecnica NGS è possibile ricercare contemporaneamente tutte le mutazioni e le CNVs in MLH1, MSH2, MSH6, PMS2 e in parte di EPCAM, che sono i geni correlati alla sindrome.
Il test viene effettuato su piattaforma NGS in 10 giorni lavorativi a partire da un prelievo di sangue (2 provette in EDTA).
Chemioterapia Sistemica
1) Trattamento personalizzato – Anticorpi e inibitori
BRCA1 e BRCA2 somatici
Studi retrospettivi suggeriscono che le pazienti affette da carcinoma ovarico, portatrici di una variante patogenetica ereditaria BRCA, presentano sensibilità farmacologica a combinazioni terapeutiche contenenti derivati del platino.
Inoltre, è stato dimostrato che mutazioni dei geni BRCA, costituzionali o somatiche, rappresentano un biomarcatore predittivo di sensibilità al trattamento con inibitori dell’enzima Poli (ADP-ribosio) Polimerasi (PARP), che interviene nella riparazione del DNA danneggiato a singolo filamento, nelle pazienti affette da carcinoma dell’ovaio in fase avanzata.
Secondo le ultime “Raccomandazioni per l’implementazione del test BRCA nei percorsi assistenziali e terapeutici delle pazienti con carcinoma ovarico” dell’AIOM: è consigliabile considerare l’invio al test BRCA sin dal momento della diagnosi per tutte le pazienti con diagnosi di carcinoma epiteliale ovarico non mucinoso e non borderline, di carcinoma delle tube di Falloppio e di carcinoma peritoneale primitivo, per completare la fase diagnostica molecolare, in previsione di un eventuale utilizzo terapeutico e per favorire l’accesso ad una consulenza genetica oncologica pre-test nell’ambito dei percorsi di prevenzione.
Inoltre trial clinici (TOPARP trial) stanno dimostrando come anche per il tumore della prostata la terapia con PARP inibitori possa essere efficace in quei pazienti portatori di mutazioni germinali o somatiche.
Metodica utilizzata
Estrazione automatizzata di DNA da tessuto incluso in paraffina, amplificazione mediante PCR multiplex e sequenziamento massivo parallelo (NGS) di tutti gli esoni codificanti, delle regioni introniche fiancheggianti e dei grandi riarrangiamenti attraverso Illumina MiSeq. Sensibilità e specificità >99%.
Caratteristiche del campione da inviare:
* Campione di tessuto tumorale fissato in formalina e incluso in paraffina (FFPE). (Il materiale verrà restituito al termine dell’analisi)
oppure
* 4 vetrini in bianco da 10µm di spessore, più un vetrino colorato in ematossilina-eosina.
Il test viene effettuato su piattaforma NGS in 10 giorni lavorativi dal ricevimento del campione.
Fish Alk
I riarrangiamenti del gene ALK (Anaplastic Lymphoma Kinase) sono piccole inversioni nel cromosoma 2p inducenti una fusione di parti del gene EML4 con parti del gene ALK nel tumore polmonare non a piccole cellule (NSCLC). La risultante proteina di fusione, ad attività chinasica, conferisce alle cellule un forte stimolo proliferativo. Il crizotinib, farmaco orale inizialmente sviluppato come inibitore di MET, ha dimostrato sperimentalmente una forte attività inibente su ALK, attraverso il blocco della tirosin-fosforilazione. Analogamente agiscono i più recenti farmaci inibitori di ALK (es. ceritinib e alectinib).
L’analisi delle alterazioni molecolari di ALK si rende necessaria per la scelta della migliore strategia terapeutica in pazienti selezionati con NSCLC, in stadio IIIB e IV che, in presenza di riarrangiamenti del gene, possono beneficiare del trattamento con inibitori orali di ALK.
Caratteristiche del campione da inviare
* Campione di tessuto tumorale fissato in formalina e incluso in paraffina (FFPE). (Il materiale verrà restituito al termine dell’analisi)
oppure
* 2 vetrini polarizzati in bianco da 2μm di spessore (asciugati all’aria), più un vetrino colorato in ematossilina-eosina.
Fish Her2/neu
L’ibridazione in situ fluorescente permette di evidenziare la presenza dell’amplificazione del gene HER2 nelle cellule tumorali e quindi selezionare tumori di mammella e stomaco rispondenti alla terapia con Trastuzumab.
Caratteristiche del campione da inviare:
* Campione di tessuto tumorale fissato in formalina e incluso in paraffina (FFPE). (Il materiale verrà restituito al termine dell’analisi)
oppure
2 vetrini polarizzati in bianco da 2μm di spessore (asciugati all’aria), più un vetrino colorato in ematossilina-eosina.
Fish Ros 1
ROS1 è un recettore tirosin chinasico (RTK) della famiglia dei recettori dell’insulina. Sono stati identificati riarrangiamenti cromosomici che coinvolgono il gene ROS1, sul cromosoma 6q22. Questo fa sì che vi sia un’attivazione continua a valle di ROS1 di processi cellulari coinvolti nella crescita cellulare e nella proliferazione cellulare.
Circa il 2% dei tumori polmonari presentano fusioni di ROS1. Come i riarrangiamenti di ALK, fusioni in ROS1 sono più comunemente trovati nei fumatori leggeri (<10 pacchetti/ anno) e / o in soggetti che non hanno mai fumato. Sono anche associati ad una giovane età e agli adenocarcinomi.
Fusioni di ROS1 sono associate ad una sensibilità a farmaci inibitori tirosin chinasici che inibiscono ROS1, come crizotinib. Pertanto risulta un bersaglio molecolare fondamentale da ricercare per le possibilità terapeutiche che implica.
Caratteristiche del campione da inviare
* Campione di tessuto tumorale fissato in formalina e incluso in paraffina (FFPE). (Il materiale verrà restituito al termine dell’analisi)
oppure
* 2 vetrini polarizzati in bianco da 2μm di spessore (asciugati all’aria), più un vetrino colorato in ematossilina-eosina.
Pannello 56 Geni
Le terapie anticancro mirate hanno un impatto sempre più determinante sul trattamento e la sopravvivenza di molti tumori, ma per applicare con successo questa strategia è necessario ottenere la migliore definizione possibile del profilo genetico del tumore stesso partendo da matrici differenti (biopsie tissutali o sangue). Inoltre molti trials clinici spesso richiedono una definizione molecolare del tumore su un ampio spettro di geni, effettuabile con una serie di numerosi esami non sempre eseguibili a causa della scarsità del campione disponibile e con costi e tempi non accettabili per il paziente.
Grazie al next generation sequencing (NGS) possiamo analizzare molti geni contemporaneamente con tempi e costi contenuti. In questo panello sono raccolti 56 geni di comprovata rilevanza clinica per la definizione diagnostica e farmacogenetica di differenti tumori, anche rari.
56 geni analizzati – 263 ampliconi
(I numeri in grassetto si riferiscono al numero di esoni analizzati per ogni gene)
E’ possibile inviare:
* Blocchetto paraffinato (o 5 vetrini in bianco)
* 2 provette Streck di sangue periferico
Pannello Colon/Melanoma
Il Pannello Colon-retto/melanoma consente l’analisi in parallelo di 216 mutazioni nei 4 principali oncogeni coinvolti nella patogenesi del tumore al colon-retto e melanoma: KRAS (codoni 12, 13, 59, 61, 117, 146) BRAF (codoni 594, 600, 601) NRAS (codoni 12, 13, 18, 59, 61, 117, 146) PIK3CA (codoni 38, 81, 88, 93, 108, 118, 345, 420, 539, 542, 545, 546, 549, 1021, 1025, 1043, 1047, 1049).
Tumore al colon retto
Nelle ultime due decadi, a molte delle mutazioni analizzate in questo pannello è stato riconosciuto un valore prognostico e predittivo per specifiche terapie mirate. Tra queste mutazioni sono incluse quelle dei codoni 12, 13, 59, 61, 117, 146 dei geni RAS, alle quali è stato riconosciuto un valore predittivo per la terapia del tumore colorettale con anticorpi monoclonali anti-EGFR, a seguito degli studi clinici PRIME e PEAK. L’analisi mutazionale dei geni KRAS e NRAS deve essere effettuata nei pazienti con carcinoma del colon-retto (CRC) metastatico per i quali è indicato un trattamento in I linea o in linee successive con un regime di terapia contenente un anticorpo monoclonale antiEGFR (cetuximab, panitumumab). L’impiego dell’anticorpo monoclonale anti-EGFR non è indicato nei pazienti con mutazioni degli esoni 2, 3 e 4 dei geni KRAS e NRAS.
Melanoma
Il melanoma è una delle forme più aggressive di neoplasie maligne e la sua incidenza è in continuo aumento nella popolazione caucasica. Mentre il melanoma diagnosticato ad uno stadio precoce di malattia può essere efficacemente trattato con escissione chirurgica, gli stadi avanzati sono notoriamente refrattari alle terapie convenzionali. Negli ultimi anni, è stato dimostrato che il melanoma è caratterizzato da una spiccata eterogeneità molecolare, notevolmente maggiore a quella finora evidenziata dal punto di vista istopatologico. Nel melanoma, il gene BRAF risulta mutato nel 40-60% dei casi; la mutazione prevalente (circa il 90% dei casi) è rappresentata dalla sostituzione di una valina con acido glutammico al codone 600 (V600E). Questa mutazione, come le restanti mutazioni a carico della regione chinasica di BRAF, inducono una continua stimolazione della proliferazione cellulare e della crescita tumorale. La determinazione dello stato mutazionale di BRAF è indicata per la scelta della migliore strategia terapeutica nei pazienti con melanoma inoperabile o metastatico (stadio IIIc o IV) che possono beneficiare, in presenza di mutazione V600, del trattamento con inibitori di BRAF. Circa il 20% dei melanomi presenta mutazioni in NRAS e nel 2% in KRAS e PIK3CA dando prospettive terapeutiche differenti. Analogamente, in casi selezionati (es. melanomi delle mucose) sono presenti mutazioni di KIT (CD117).
Metodica utilizzata
Estrazione automatizzata di DNA da tessuto tumorale. Amplificazione tramite multiplex-PCR
e spettrometria di massa MALDI-TOF (“MassARRAY® system” Agena) associata alla tecnologia Single Base Extension. Sensibilità: il sistema è in grado di rilevare fino al 2,5% di allele mutato.
Caratteristiche del campione da inviare:
* Campione di tessuto tumorale fissato in formalina e incluso in paraffina (FFPE). Il materiale verrà restituito al termine dell’analisi).
oppure
* 4 vetrini in bianco da 10μm di spessore, più un vetrino colorato in ematossilina-eosina
Pannello Polmone
I tumori primitivi del polmone si classificano in forme non a piccole cellule (NSCLC: Non Small Cell Lung Cancer) che costituiscono circa l’80-85% dei tumori polmonari e in forme a piccole cellule (SCLC: Small Cell Lung Cancer) che costitutiscono il restante 15-20% dei casi.
Il NSCLC rappresenta oggi un’area diagnostica impegnativa per l’anatomopatologo, per diverse ragioni:
* la definizione dell’istotipo è diventata un punto importante nell’approccio terapeutico al paziente con NSCLC;
* l’incidenza dell’adenocarcinoma è aumentata a partire dagli inizi degli anni ’90 e questo istotipo è significativamente correlato ad alterazioni molecolari (mutazioni di EGFR, BRAF, HER2/neu, KRAS, fusione di ALK) che rappresentano bersagli per selettivi inibitori;
* è necessario oggi formulare una diagnosi sempre più precisa di istotipo e d’altra parte ottimizzare la gestione del materiale tumorale (spesso molto limitato) per fornire tutte le informazioni necessarie per la migliore scelta terapeutica.
I riarrangiamenti del gene ALK, come detto, sono piccole inversioni nel cromosoma 2p inducenti una fusione di parti del gene EML4 con parti del gene ALK nel tumore polmonare non a piccole cellule (NSCLC). La risultante proteina di fusione, ad attività chinasica, conferisce alle cellule un forte stimolo proliferativo. Il crizotinib, farmaco orale inizialmente sviluppato come inibitore di MET, ha dimostrato sperimentalmente una forte attività inibente su ALK, attraverso il blocco della tirosin-fosforilazione. Analogamente agiscono i più recenti farmaci inibitori di ALK (es. ceritinib e alectinib).
L’analisi delle alterazioni molecolari di ALK si rende necessaria per la scelta della migliore strategia terapeutica in pazienti selezionati con NSCLC, in stadio IIIB e IV che, in presenza di riarrangiamenti del gene, possono beneficiare del trattamento con inibitori orali di ALK.
Il Pannello Polmone consente di rilevare in contemporanea 307 varianti nucleotidiche, relativamente ai geni EGFR, KRAS, BRAF, PIK3CA, NRAS, ALK, ERBB2, DDR2, MAP2K1 e RET,mediante Spettrometria di Massa MALDI-TOF associata alla tecnologia Single Base Extension. In questo modo con un unico campione è possibile delineare un preciso ed ampio profilo genetico del tumore per la terapia mirata.
Caratteristiche del campione da inviare:
Campione di tessuto tumorale fissato in formalina e incluso in paraffina (FFPE).
2) Trattamento personalizzato – Immunoterapia
Espressione dei checkpoints immunitari
I checkpoint immunitari sono recettori presenti sulle diverse cellule che concorrono a coordinare la risposta immunitaria. I più noti checkpoint immunitari sono il Programmed cell Death 1 (PD1) con il suo ligando Programmed cell Death Ligand 1/2(PD-L1 / 2), il Cytotoxic T-Lymphocyte Antigen 4 (CTLA4) e il suo omologo CD28 con il loro ligandi CD80 e CD86. Altri recettori valutati nell’ambito di sperimentazioni cliniche sono il Lymphocyte Activation Gene 3 (LAG-3) con il suo ligando MHC classe II, il T-cell immunoglobulin -3 (Tim-3) con il suo ligando Galactin-9 e il T cell immunoglobulin and ITIM domain (TIGIT) con i suoi due ligandi CD155 and CD112. Tutti questi recettori funzionano da regolatori negativi del sistema immunitario e svolgono un ruolo fondamentale nella prevenzione dell’autoimmunità e nel mantenimento della tolleranza periferica nei confronti di antigeni a noi estranei, bilanciando segnali stimolatori e inibitori. Le cellule tumorali, nonostante la loro immunogenicità (cioè la capacità di stimolare una risposta immunitaria) sono in grado di utilizzare i segnali inibitori del sistema immunitario per sopravvivere alla sua sorveglianza.
Normalmente, il recettore PD1 è presente sui linfociti T attivati e sui linfociti B, mentre il suo ligando PD-L1 è presente in un sottoinsieme di macrofagi, cellule dendritiche e in altri tipi di cellule quali i fibroblasti e le cellule endoteliali. Se il recettore PD1 del linfocita T attivato si lega al suo ligante PD- L1, la risposta autoimmunitaria viene inibita. Le cellule tumorali sono in grado di ricoprirsi di abbondante PD-L1 neutralizzando il PD1 dei linfociti T attivati (cosiddetta sinapsi immunologica PD1:PD-L1)
La FDA ha già approvato diversi anticorpi monoclonali in grado di bloccare (mascherare) questi recettori in modo che la sinapsi immunologica non si realizzi:
* Nivolumab e Pembrolizumab (anti-PD1) per il trattamento del melanoma metastatico, del carcinoma polmonare non a piccole cellule, del carcinoma renale, del carcinoma vescicale, del carcinoma della testa e del collo, del carcinoma a cellule di Merkel, del carcinoma del colon-retto con deficit del DNA mismatich repair e del linfoma di Hodgkin e non-Hodgkin, dell’epatocarcinoma.
* Atezolizumab e Avelumab (anti-PD-L1) per il trattamento del carcinoma polmonare non a piccole cellule e del carcinoma uroteliale avanzato.
CTLA4 è un recettore presente sui linfociti T attivati, mentre il suo omologo CD28 è espresso sulle cellule T sia inattivate che attivate. Questi recettori si legano con i loro ligandi CD80 e CD86 presenti sui macrofagi, sulle cellule dendritiche e sulle cellule B attivate. L’unione dei recettori con i rispettivi ligandi può portare ad un inibizione dei linfociti T (è questo il caso del legame tra CTLA4 e CD80 o CD86) o alla loro attivazione (è questo il caso del legame tra CD28 e CD80 o CD86).
La FDA ha approvato, per il trattamento del melanoma metastatico, l’ Ipilimumab (anti-CTLA4) che blocca l’interazione tra CTLA4 e il suo ligando, con conseguente iper-attivazione e proliferazione delle cellule T che possono così attaccare e uccidere le cellule tumorali. La mancata inibizione del sistema immunitario porta, di converso, ad effetti tossici, osservati ad esempio nel tratto gastrointestinale (enteriti autoimmuni, diarrea…) e a livello miocardico (miocarditi).
* Mediante l’imunoistochimica (IHC) è possibile valutare l’espressione dei checkpoint sia sulle cellule tumorali che sui linfociti infiltranti il tumore (TIL). L’espressione di PD1 e di CTLA4 su TIL viene valutato come focale (presenza in meno del 5% di TIL), moderata (5-50% di TIL) e alta o severa (> 50% del TIL). L’espressione di PD-L1 sulle cellule tumorali è basata sul Tumor Proportion Score e viene definita come “la percentuale di cellule tumorali vitali, ricoperte parzialmente o totalmente dal recettore/ligando, sul totale di tutte le cellule tumorali vitali presenti nel campione”.
Espressione di geni di mismatch repair
Nel maggio 2017, la FDA ha concesso un’approvazione accelerata dell’utilizzo del farmaco pembrolizumab (Keytruda) per trattare pazienti, sia pediatrici che adulti, affetti da tumore solido non resecabile o metastatico, con instabilità microsatellitaria-alta (MSI-H) o deficit del DNA mismatch repair (MMR), indipendentemente dal tipo di tumore e dalla sua localizzazione.
Il motivo che ha contribuito ad approvare il farmaco pembrolizumab nei tumori con MSI-H o deficit del MMR, è dovuto al fatto che tanto più il DNA della cellula tumorale è mutato e tanto maggiore è la probabilità che essa sia riconosciuta dal sistema immunitario come non self (estranea) e quindi uccisa.
In una cella sana, infatti, la maggior parte degli errori che (normalmente) si verificano durante la replicazione del DNA vengono immediatamente riparati dall’enzima DNA Polimerasi e anche quelli che sfuggono da questo primo intervento vengono successivamente riparati dal sistema di riparazione mismatch repair (MMR). Le mutazioni nei geni del sistema riparativo MMR, trasmissibili alla prole con modalità autosomica dominante, ne compromettono il funzionamento e sono alla base del carcinoma del colon-retto non polipomatoso (HNPCC) mentre il silenziamento epigenetico del gene MLH1 è coinvolto in tumori sporadici, inclusi i tumori endometriali e ovarici.
La perdita della funzione dei geni di MMR (MLH1, MSH2, MSH6 e PMS2) è stata identificata in vari tipi di tumori e i tumori con deficit di MMR mediamente presentano un maggior numero di mutazioni rispetto ad una cellula tumorale con funzione MMR mantenuta (1.700 contro 70).
I microsatelliti sono costituiti da corte sequenze di DNA ripetute in tandem (da 1 a 6 paia di basi) sparse lungo tutto il genoma umano, occupandone circa il 3%. L’instabilità dei microsatelliti è l’elemento caratterizzante i tumori ad elevato numero di mutazioni (cioè circa il 15% di tutti i tumori del colon-retto): di questi, il 3% è associato a mutazioni del sistema MMR (ereditaria) mentre il 12% insorge sporadicamente ed è causato dall’ipermetilazione acquisita (cioè il silenziamento epigenetico) nella regione del promotore del gene MLH1.
Il deficit del sistema di riparazione MMR può essere rilevato analizzando il DNA oppure mediante l’immunoistochimica utilizzando il pannello di quattro anticorpi (anti- MLH1, anti-MSH2, anti-MSH6 e anti-PMS2).
Nel nostro laboratorio analizziamo nel tumore l’espressione del sistema MMR mediante immunoistochimica; nel caso di perdita di espressione di uno specifico gene (MLH1, MSH2, MSH6 e PMS2) è consigliabile che il paziente si sottoponga all’esecuzione del test di mutazione germinale per quel gene (LYNCH)
Tumor Mutational Burden – analisi mutazionale in 170 geni DNA + RNA incluse amplificazioni e fusioni
Si tratta di un test di sequenziamento di ultima generazione (NGS) progettato per coprire 170 geni associati ai tumori solidi più comuni. Questo pannello, enrichment-based targeted, analizza simultaneamente DNA e RNA e copre un’ampia gamma di geni e di varianti dei più noti pathways oncologici, ottenendo così una completa e profonda visione della genetica del tumore.
Il pannello è in grado di valutare, in un’unica analisi, fusioni, varianti di splicing, inserzioni/delezioni, varianti a singolo-nucleotide (SNV) e amplificazioni partendo da DNA e RNA tumorale, in questo modo ottimizzando l’utilizzo del campione e la rapidità di refertazione.
Il referto conterrà indicazioni sulle mutazioni trovate con le relative indicazioni di trattamento e la presenza di eventuali trials in corso.
Verrà inoltre specificato il Tumor Mutational Burden (TMB): TMB è un nuovo marker clinico che predice la risposta all’immunoterapia in una vasta gamma di tumori in stadio avanzato. A differenza dei biomarcatori a base di proteine, TMB è la misura quantitativa del numero totale di mutazioni per area di codifica di un genoma del tumore. Si ritiene che tumori con livelli più alti di TMB esprimano più neoantigeni permettendo una risposta immunitaria più robusta e quindi più durevole dell’immunoterapia. Il concetto di TMB è nato diversi anni fa da gruppi di ricerca che stavano usando il whole exome sequencing per contare le mutazioni somatiche nel corso della sperimentazione clinica degli inibitori del checkpoint. Il loro obiettivo era vedere se vi fosse una significativa differenza nel numero di mutazioni nei pazienti che avevano risposto all’immunoterapia rispetto a quelli che non rispondevano.
Trattando i pazienti con inibitori del checkpoint immunitario si agisce non solo sul tumore, ma anche sul sistema immunitario stesso. Il sistema immunitario si basa su una serie di neoantigeni, che gli permettono di dare una risposta adeguata, per cui il numero di mutazioni somatiche è un indicatore che consente di determinarne il numero per ogni tumore. E’ stato dimostrato che pannelli multigeni, come il “170 geni”, possono misurare con precisione il TMB senza la necessità di sequenziare interamente l’esoma. Un crescente numero di ricerche cliniche dimostrano i potenziali vantaggi del TMB come marcatore diagnostico in termini di precisione, sensibilità e riproducibilità. Quindi il TMB può essere considerato, al momento, il miglior indice quanti/qualitativo per predisporre una strategia terapeutica che utilizzi un’immunoterapia.
Metodica utilizzata
Estrazione automatizzata di DNA da tessuto paraffinato, frammentazione, amplificazione mediante PCR multiplex e sequenziamento massivo parallelo (NGS). Immunoistochimica su sezioni da tessuto paraffinato.
Caratteristiche del campione da inviare
* Blocchetto di tessuto paraffinato del tumore