Laboratorio di Nutrigenetica
ORARIO: LUN-VEN 8:00-18:00
La NUTRIGENETICA è la scienza che mette in relazione il genotipo del singolo individuo con la sua alimentazione ed il suo metabolismo. L’assunzione o meno di alcune sostanze introdotte quotidianamente con la dieta (nutrienti, integratori alimentari, etc), può condizionare la predisposizione ad una determinata malattia, prevenire o migliorare la manifestazione clinica di una patologia, o semplicemente mantenere lo stato di buona salute dell’individuo.
TEST PER VALUTARE LA PREDISPOSIZIONE ALLA MALATTIA CELIACA
Principio del metodo
Il Test di Biologia Molecolare utilizzato per la valutazione della suscettibilità alla malattia celiaca è certificato per uso diagnostico in vitro (CE-IVD) e determina l’eventuale presenza nel sangue intero umano, o tampone buccale, degli alleli di un individuo che possiede gli aplotipi DQ2 e/o DQ8.
Il metodo prevede una preliminare estrazione e purificazione del DNA del campione, successivamente questo viene sottoposto ad otto reazioni di PCR diverse per identificare gli alleli che, come indicato in letteratura, permettono di risalire agli aplotipi specifici per la predisposizione alla malattia celiaca (tab.1)
Tab.1 ALLELI RICONOSCIUTI
DQA1*01 DRB1*07
DQB1*04 DQA1*0201
DQA1*03 DQB1*0301 DQB1*0303
DQA1*05 DQB1*0302
DRB1*03 DQA1*06
DRB1*04 DQB1*02
DRB1*11 DQB1*0305
DQB1*0301 DQB1*0304
Sensibilità e specificità
Sono stati testati 170 campioni di DNA, provenienti da centri di riferimento per HLA e per Celiachia, tipizzati con differenti metodi di amplificazione genica. I risultati ottenuti con questo test hanno evidenziato una sensibilità e specificità del 100%.
Caratteristiche del campione da inviare
Due provette con EDTA di sangue periferico o tampone buccale.
TEST PER INDIVIDUARE I POLIMORFISMI A SINGOLO NUCLEOTIDE (SNPs)
La Nutrigenetica si occupa di individuare le piccole variazioni genetiche caratteristiche di ognuno (SNPs), che possono tradursi in risposte “errate” dell’organismo in seguito all’introduzione di determinati alimenti o sostanze.
Metabolismo dell’acido folico
La proteina MTHFR (Metilene-tetraidrofolato reduttasi) è un enzima che interviene nel metabolismo dell’acido folico (o vitamina B9) e dei folati, ossia le forme della vitamina naturalmente presenti in alcuni alimenti. La produzione della forma attiva della Vitamina B9 è essenziale per il processo di metilazione che converte l’amminoacido omocisteina in metionina, in presenza della vitamina B12.
Quando l’omocisteina non viene adeguatamente smaltita, a causa di due varianti dell’enzima MTHFR (rs1801133, rs1801131), può accumularsi in maniera eccessiva nel sangue provocando danni endoteliali ed un aumento del rischio cerebrovascolare, cardiovascolare e trombosi venosa. Inoltre lo stato di omozigosi della medesima variante, ha dimostrato essere un fattore di rischio aumentato per i difetti del tubo neurale, come l’anencefalia e la spina bifida.
Obesità
Il gene FTO (Fat Mass And Obesity-Associated Gene) ha una correlazione genetica diretta con l’obesità: codifica per una proteina in grado di attivare o disattivare la funzione di numerosi geni implicati nelle regolazioni metaboliche del nostro organismo, intervenendo nei circuiti ormonali attivi a livello cerebrale e nel controllo delle sensazioni di appetito e sazietà. La presenza di determinate varianti geniche del gene FTO (rs9930506, rs1121980, rs9939609) indicano un’alta probabilità di sviluppare l’obesità. Considerando il forte legame tra FTO e l’obesità, non sorprende la presenza di una correlazione fra il gene stesso e il diabete mellito. Il gene FTO ha ben due su quattro dei fattori alla base della diagnosi della sindrome metabolica.
Il gene ADRB2 (recettore adrenergico beta 2) invece, codifica per un recettore coinvolto nella mobilitazione del grasso corporeo: la variante sfavorevole (rs1042713) è responsabile della diversa capacità di smaltire il grasso e della possibilità di riacquistare peso dopo la dieta.
Il gene per il recettore della melanocortina 4 (MC4R) è coinvolto nella omeostasi centrale dell’energia e nella regolazione del peso corporeo: più di 34 varianti sono state identificate in casi di obesità. Tutte le mutazioni associate all’obesità sono caratterizzate da una perdita di funzione del recettore e sarebbero presenti nel 3-6% dei soggetti gravemente obesi. La variante V103I (rs2229616), presente nel 3% della popolazione caucasica causa, invece, un aumento di funzione del recettore e sarebbe quindi protettiva nei confronti dell’obesità.
Metabolismo lipidico
Il gene LPL (lipoprotein-lipasi), codifica per un enzima che scinde i trigliceridi delle lipoproteine plasmatiche in acidi grassi liberi e glicerolo, espresso nel cuore, nel muscolo e nel tessuto adiposo. Esso converte le VLDL in LDL, aumentando le interazioni delle lipoproteine con i recettori posti sulla superficie cellulare dell’endotelio vascolare di arterie e capillari dei tessuti periferici. Varianti di questo gene (rs328) possono innalzare i livelli di trigliceridi, LDL e colesterolo nel sangue, aumentando il rischio di insorgenza di patologie cardiovascolari.
Intolleranza al Lattosio
Il meccanismo genetico coinvolto nella inibizione dell’espressione della lattasi intestinale opera a livello trascrizionale ed è associato ad uno SNP (rs 4988235) non codificante del gene MCM6 (Minichromosome Maintenance Complex Component 6), situato nelle vicinanze del gene che codifica per la Lattasi (LCT). Esso è responsabile della capacità degli individui di manifestare la persistenza della Lattasi o intolleranza al lattosio, grazie alla sua attività regolatoria sul gene LCT.
Metabolismo degli zuccheri
Il gene PPARG (Peroxisome proliferator-activated receptor gamma ) codifica per una proteina che appartiene alla famiglia dei recettori nucleari per gli ormoni che regolano l’espressione di molti geni coinvolti nel metabolismo degli zuccheri e dei lipidi. Una variante del gene PPARG (rs1801282) predispone a minore accumulo di massa grassa e migliore sensibilità all’insulina con conseguente diminuzione dell’indice di massa corporea (BMI), aumento dei livelli di colesterolo HDL, riduzione della glicemia e quindi del rischio di diabete di tipo II.
Sensibilità all’insulina
La sensibilità all’insulina indica l’efficacia con cui i recettori insulinici dei tessuti, in particolare quello muscolare ed epatico, interagiscono con l’insulina. Una bassa sensibilità a questo ormone, mantiene alta la glicemia nel sangue, causando disturbi come il diabete di tipo 2 e l’aumento del deposito di grasso nel tessuto adiposo per l’eccessiva mobilitazione del glucosio. Il gene TCF7L2 (transcription factor 7 like 2) codifica per un fattore di trascrizione che influenza l’attività dei geni implicati nell’omeostasi del glucosio.
Detossificazione
Il gene GSTM1 (Glutathione S-Transferase Mu 1) interviene nei processi di detossificazione dell’organismo e alcune sue varianti causano, nei soggetti portatori, la necessità di introdurre nella dieta specifici alimenti in cui sono presenti molecole coinvolte in questo processo.
Attività antiossidante
Il gene SOD2 (superoxide dismutase 2) contrasta i radicali liberi, ma in presenza di un polimorfismo particolare può diventare meno efficace nella sua attività anti-ossidante; per questa tipologia di persone servono dosi extra di antiossidanti e di vitamine.
Stato infiammatorio
La presenza di determinati polimorfismi in geni che codificano per citochine pro-infiammatorie, come il gene dell’interleuchina 6 (IL6), predispone i soggetti a sviluppare importanti stati infiammatori.
Vitamina D
La Vitamina D promuove l’assorbimento intestinale e renale del calcio ed è indispensabile per lo sviluppo ed il mantenimento della massa ossea. E’ anche coinvolta nei processi di controllo della proliferazione e della differenziazione cellulare. Gli effetti della Vitamina D sono mediati dal suo recettore nucleare (VDR): polimorfismi del gene VDR possono condizionare la risposta a vari componenti dietetici ed essere considerati possibili fattori di rischio per l’insorgenza di diverse patologie.
Queste ed altre informazioni derivanti dal test genetico vengono utilizzate per prescrivere diete ad hoc ai pazienti selezionati, che possono così alimentarsi nel modo più congeniale al proprio profilo genetico, offrendo consigli personalizzati su come nutrirsi in modo più sano.
L’obiettivo finale della nutrigenetica quindi è creare un intervento dietetico mirato per ogni singolo individuo che possa ripristinare la salute o prevenire l’insorgenza di patologie partendo dal genotipo individuale.
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APOB, APOC3, LPL, APOE, CEPT | METABOLISMO LIPIDICO |
FTO, MC4R, ADRB2 | OBESITA’ |
GSTP1, GSTM1, GSTT1 | DETOSSIFICAZIONE |
SOD2, CAT | STRESS OSSIDATIVO |
MTHFR | METABOLISMO FOLAT |
MCM6 | INTOLLERANZA AL LATTOSIO |
PPARG | INTOLLERANZA AL GLUCOSIO |
TCF7L2 | SENSIBILITA’ ALL’INSULINA |
G6PD | FAVISMO |
VDR | VITAMINA D, OSTEOPOROSI |
ACE, ADD1 | IPERTENSIONE, SENSIBILITA’ AL SALE |
CYP1A2 | CAFFEINA |
ADH1C | SENSIBILITA’ ALL’ALCOOL |
IL6, TNF | INFIAMMAZIONE |